Solo poche righe per presentare questa nuova iniziativa telematica, promossa da ricercatori di vari Atenei, giovani e diversamente giovani, ma tutti animati dal desiderio di approfondire e offrire al lettore una panoramica esaustiva sulle dinamiche che qualificano i rapporti tra legislazione e giurisprudenza, in specie costituzionale.
L’angolo prospettico prescelto non è casuale, offrendosi quale punto di osservazione privilegiato delle torsioni degli equilibri istituzionali individuati dalla Costituzione repubblicana del 1948, con evidenti ripercussioni sulla forma di governo e, prima ancora, sulla stessa forma di Stato ivi tratteggiata.
Da tempo, infatti, avvertita dottrina segnala le gravi difficoltà di un Parlamento chiamato a cimentarsi con una profonda “confusione dei ruoli”, che lo vede marginalizzato sia sul versante della direzione politica, che su quello dei rapporti con gli organi di garanzia. Sotto questo profilo, in particolare, è noto come da tempo la giurisdizione, e in specie quella costituzionale, sia stata chiamata a svolgere frequenti pratiche di “supplenza”, motivate dall’esigenza di fare fronte alle asserite carenze esibite dal legislatore e perfino alla sua “inerzia”, della quale, peraltro, non è sempre semplice definire i contorni di senso, individuabili, certo, nell’incapacità di realizzare sintesi politiche o di assumere decisioni tecniche particolarmente complesse, ma anche dalla volontà di compiere, proprio attraverso l’inazione, una precisa scelta politica.
Una lettura che si limitasse, peraltro, a prendere atto della progressiva contrazione del ruolo istituzionale e, più latamente, politico, del Parlamento, astretto tra attivismo debordante dell’esecutivo e ardite soluzioni giurisprudenziali coglierebbe, per così dire, soltanto l’epifenomeno, trascurando le ragioni profonde di tali dinamiche.
Queste trascendono ampiamente il dato esperienziale e si collocano su un piano ben più profondo, quello teoretico, all’interno del quale si assiste, solo per fare due esempi significativi e intimamente correlati, alla progressiva e ormai assai estesa erosione degli spazi tradizionalmente riservati alla discrezionalità politica e alla non più rara esondazione dal ruolo di garante del sistema della Consulta.
Gli antichi “arnesi del mestiere” del costituzionalista, tra i quali sono annoverabili, in particolare, quelli della separazione dei poteri e della rappresentanza su base elettiva – lascito non trascurabile del costituzionalismo – sembrano ancora poter dire qualcosa al giurista, chiamato, oggi come ieri, con sforzo inesausto, a garantire i diritti fondamentali.
Questo Osservatorio intende sommessamente rammentarlo, aprendosi agli apporti di tutti gli Amici che, graditissimi, vorranno intervenire.
Giuseppe Chiara