Materia
Pene
Tipologia di decisione
Sentenza di accoglimento additiva, sostitutiva
Oggetto della q.l.c.
Art. 583-quinquies c.p.
Parametri
Artt. 3, 27 Cost.
Massima
- L’art. 583-quinquies, co. 1 c.p., nel disporre una pena fissa per le lesioni personali dalle quali derivino la deformazione o lo sfregio permanente del viso, assoggetta alla medesima sanzione una varietà di condotte di diversa potenziale gravità oggettiva e soggettiva, così violando i principi costituzionali di proporzionalità, personalizzazione e finalità rieducativa della pena. Esso è pertanto incostituzionale nella parte in cui non prevede la diminuzione della pena in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità.
- Per le medesime ragioni, è incostituzionale l’art. 583-quinquies, co. 2 c.p., nella parte in cui determina l’applicazione incondizionata anziché eventuale della pena accessoria dell’interdizione da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all’amministrazione di sostegno.
Profili d’interesse
- La Corte evidenzia la necessità di una “valvola di sicurezza” nella determinazione legislativa della comminatoria, la quale consenta al giudice di graduare la pena da infliggersi rispetto alla gravità oggettiva e soggettiva del fatto.
- Coerentemente, la Consulta rammenta che ogni previsione di sanzione fissa è indiziata di illegittimità costituzionale.
Precedenti connessi
Estratto della motivazione
4.5. – Questa Corte ha più volte affermato la necessità costituzionale di una “valvola di sicurezza”, che consenta al giudice di moderare l’applicazione di pene edittali di eccezionale asprezza, onde evitare che, nel caso concreto, esse risultino sproporzionate rispetto alla gravità oggettiva e soggettiva del fatto, quindi contrarie al principio di personalizzazione e inidonee alla funzione rieducativa […].
4.6. – Il primo comma dell’art. 583-quinquies cod. pen. viola […] i principi costituzionali di proporzionalità, personalizzazione e finalità rieducativa della pena, in quanto, […] al cospetto di un minimo edittale di eccezionale asprezza e di una gamma multiforme di condotte punibili, determina il rischio di irrogazione di una sanzione eccessiva in concreto, pertanto insensibile al giudizio sulla personalità del reo e inidonea allo scopo della sua risocializzazione.
[L]a riscontrata lesione dei principi costituzionali evocati può e deve […] essere sanata tramite l’introduzione di una circostanza attenuante, che, senza stravolgere la dosimetria legislativa, restituisca alla norma la flessibilità applicativa della quale difetta […].
In mancanza di una differente grandezza di riferimento[,] il temperamento costituzionalmente imposto per i fatti di lieve entità deve essere limitato all’attenuante a effetto comune, fino a un terzo della pena (in linea con le sentenze n. 86 del 2024, n. 120 del 2023, n. 244 del 2022 e n. 68 del 2012) […].
5.2. – [Anche] la censurata disposizione sulla pena accessoria [di cui al comma secondo dell’art. 583-quinquies cod. pen.] è […] viziata sul piano dell’automaticità, fissità e perpetuità della sanzione.
Questa Corte ha più volte segnalato che, impedendo l’individualizzazione rispetto alla concreta gravità del fatto-reato, ogni previsione di sanzione fissa è indiziata di illegittimità costituzionale (sentenze n. 195 del 2023, n. 266 del 2022 e n. 222 del 2018).
Fin dalla sentenza n. 50 del 1980, si è fatto ricorso, ai fini del sindacato di legittimità costituzionale sulle disposizioni di pena fissa, a una prova di resistenza: «il dubbio d’illegittimità costituzionale potrà essere, caso per caso, superato a condizione che, per la natura dell’illecito sanzionato e per la misura della sanzione prevista, questa ultima appaia ragionevolmente “proporzionata” rispetto all’intera gamma di comportamenti riconducibili allo specifico tipo di reato» (in senso analogo, sentenze n. 195 e n. 40 del 2023, n. 266 del 2022 e n. 222 del 2018).
Orbene, la notevole latitudine della descrizione tipica del reato ex art. 583-quinquies cod. pen. – già sottolineata riguardo alla pena principale – induce a ritenere che possano a essa ricondursi condotte, più tenui delle altre, rispetto alle quali l’applicazione automatica e la durata indefinita della pena accessoria risultino ingiustificate.
Segnatamente, la perpetuità della pena accessoria è priva di giustificazione, una volta riconosciuta la necessità costituzionale della valvola di moderazione della pena principale, tranne ipotizzare un nesso – che sarebbe tuttavia incompatibile con la finalità rieducativa della pena – tra la permanenza dello sfregio e la permanenza della sanzione.
5.3. – La riconduzione a legittimità del secondo comma dell’art. 583-quinquies cod. pen. è assicurata dall’elisione dei tratti di rigidità – obbligatorietà e perpetuità – contrari ai canoni di proporzionalità, personalizzazione e funzione rieducativa della pena.
Accertata la commissione del reato in questione, la pena accessoria dell’interdizione dagli uffici di tutela, curatela e amministrazione di sostegno può dunque essere irrogata dal giudice, nella misura determinata in base ai criteri discrezionali di cui all’art. 133 cod. pen., nel rispetto del limite massimo di dieci anni, stabilito dall’art. 79, primo comma, numero 1), cod. pen. per l’interdizione temporanea dai pubblici uffici (tali essendo gli uffici assistenziali di che trattasi: Corte di cassazione, sesta sezione penale, sentenze 12 novembre-3 dicembre 2014, n. 50754, e 4 febbraio-4 giugno 2014, n. 23353).
6. – In definitiva, va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 583-quinquies cod. pen., per violazione degli artt. 3 e 27, commi primo e terzo, Cost., nella parte in cui: 1) al primo comma, non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità; 2) al secondo comma, dispone «comporta l’interdizione perpetua», anziché «può comportare l’interdizione».