Sentenza n. 69/2025

22 Maggio 2025
Sull'impossibilità del ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita da parte di donne singole

Testo

Materia

Famiglia – P.M.A.

Tipologia di decisione

Sentenza di rigetto[1]

Oggetto della q.l.c.

Art. 5 della legge n. 40/2004 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita)

Parametri

Artt. 2, 3, 13, 32 e 117, co. 1, Cost. (quest’ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 CEDU e agli artt. 3, 7, 9 e 35 CDFUE)

Massima

  • L’interesse all’autodeterminazione procreativa può far valere la propria vis espansiva in relazione a norme irragionevoli e sproporzionate.
  • Non è irragionevole la scelta del legislatore di non consentire l’accesso alle tecniche P.M.A. alle donne singole. Ciò, infatti, è coerente col principio di precauzione, avuto riguardo per l’interesse del futuro nato a crescere in un contesto familiare che non escluda a priori la figura paterna.

Profili d’interesse

  • La Corte osserva che la Costituzione non abbraccia solo modelli di famiglie composte da una coppia di genitori di diverso sesso uniti da vincoli affettivi, dovendosi piuttosto avere riguardo al canone evolutivo.
  • La Corte opera una differenziazione tra il caso de quo e quello dell’adozione internazionale, non essendo il puro divieto frapposto alle persone singole un mezzo proporzionato a perseguire il miglior interesse del minore in stato di abbandono, anche a fronte di quello alla bigenitorialità, che al più potrebbe giustificare, a favore delle coppie, un criterio di tipo preferenziale.
  • La Corte rileva l’assenza di impedimenti costituzionali acché il legislatore estenda l’accesso alla procreazione medicalmente assistita anche a nuclei familiari diversi da quelli indicati nell’art. 5 della legge n. 40/2004.
  • La sentenza afferma che l’interesse all’autodeterminazione procreativa non fonda una pretesa costitutiva di un diritto alla genitorialità.

Precedenti connessi

Estratto della motivazione

 9. – Questa Corte, in linea con quanto già in precedenza affermato (sentenza n. 221 del 2019), ritiene che la discrezionalità del legislatore rinvenga un ambito di intervento elettivo nella perimetrazione teleologica della regolamentazione concernente l’accesso alla procreazione medicalmente assistita.

La materia coinvolge il delicato rapporto tra la funzione regolatoria propria del diritto e le potenzialità insite in una tecnica che, nel riguardare la procreazione, presenta rilevanti implicazioni bioetiche e incisivi riverberi sociali, riguardanti i rapporti interpersonali e familiari.

A questa Corte, dunque, compete unicamente accertare che non sia superato, in relazione all’interesse che si assume leso, l’argine della manifesta irragionevolezza e sproporzione, tenuto conto anche dell’evoluzione dell’ordinamento.

10. – Ferma restando […] l’assenza di impedimenti costituzionali acché il legislatore estenda l’accesso alla procreazione medicalmente assistita anche a nuclei familiari diversi da quelli indicati nell’art. 5 della legge n. 40 del 2004, occorre […] verificare se l’omessa considerazione della donna singola superi il vaglio della non manifesta irragionevolezza e sproporzione.

10.1. – L’interesse che si assume violato, in riferimento all’art. 2 Cost. e all’art. 8 CEDU, per il tramite dell’art. 117, primo comma, Cost., è quello all’autodeterminazione procreativa, ascrivibile in pari tempo alla tutela della vita privata.

Tale interesse non è espressione di una libertà che abbia la stessa latitudine di ciò che la tecnica potenzialmente consente, né fonda una pretesa costitutiva di un diritto alla genitorialità […].

Per converso, esso trova riconoscimento sia nell’art. 2 Cost. (sentenze n. 33 del 2025, n. 161 del 2023, n. 221 del 2019 e n. 162 del 2014) sia nell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 8 CEDU, quale interesse a realizzare la propria personalità in una dimensione relazionale che, in quanto tale, deve essere permeabile alla tutela degli altri interessi implicati nella medesima relazione […].

L’autodeterminazione orientata alla genitorialità in tanto può far valere la propria vis espansiva, in quanto o tende a contrastare soluzioni «che, avendo riguardo al complesso degli interessi implicati, risultino irragionevoli e non proporzionate rispetto all’obiettivo perseguito (sentenza n. 221 del 2019)» (sentenza n. 33 del 2025) o contribuisce a sostenere un giudizio di irragionevolezza delle stesse norme che riflettono le finalità cui si ispira il legislatore, nella considerazione di tutti gli interessi coinvolti.

10.2. – Ebbene, la scelta del legislatore di non avallare un progetto genitoriale che conduce al concepimento di un figlio in un contesto che, almeno a priori, implica l’esclusione della figura del padre è tuttora riconducibile al principio di precauzione nell’interesse dei futuri nati. Pertanto, rispetto all’esigenza di tutelare questi ultimi, la conseguente compressione dell’autodeterminazione procreativa della donna singola non può, nell’attuale complessivo quadro normativo, ritenersi manifestamente irragionevole e sproporzionata.

10.3 – [… Inoltre], la scelta operata dal legislatore italiano nel non consentire l’accesso alla PMA alla donna singola risulta […] rientrare nel margine di apprezzamento dello Stato e, di riflesso, non lede l’art. 8 CEDU, come interpretato dalla Corte di Strasburgo […].

11. – [… È] parimenti non fondata la censura concernente l’art. 32 Cost.

Il giudice fa discendere la lesione della salute della donna dal trascorrere del tempo e dal conseguente rischio di superare l’età fisiologicamente fertile.

Sennonché, l’infertilità per ragioni di età non può reputarsi di natura patologica e, pertanto, non può attrarre la tutela propria del diritto alla salute.

Parimenti, non vale richiamare il coinvolgimento della salute psichica, che certamente è ascrivibile alla tutela di cui all’art. 32 Cost. (ex plurimis, sentenze n. 161 del 2023 e n. 162 del 2014), ma che non può essere dilatata sino ad abbracciare il senso di delusione per la mancata realizzazione di un altro tipo di interesse, qual è l’autodeterminazione orientata alla genitorialità (sentenza n. 221 del 2019).

12. – Venendo ora alle questioni poste in riferimento all’art. 3 Cost., il giudice a quo evoca una disparità di trattamento in relazione a due distinti profili.

12.1. – Anzitutto, il rimettente lamenta una disciplina irragionevolmente differenziata nella comparazione fra la categoria delle donne singole e quella delle coppie di diverso sesso […].

Ebbene, alla luce della ratio dell’art. 5 della legge n. 40 del 2004 e dell’intera disciplina che regola le tecniche di PMA, la categoria delle donne singole e quella delle coppie eterosessuali non risultano omogenee e, pertanto, non richiedono il medesimo trattamento.

Come si è già sopra evidenziato, la legge n. 40 del 2004 indirizza le tecniche di PMA verso l’obiettivo di offrire un rimedio alla sterilità o infertilità che abbiano una causa patologica, non rimovibile tramite «altri» metodi terapeutici (sentenze n. 221 del 2019, n. 96 del 2015 e n. 162 del 2014). L’infertilità fisiologica della donna singola non è omologabile a detta situazione, sicché la disomogeneità dei due gruppi di ipotesi non determina una irragionevole disparità di trattamento.

In tal senso, si è specificamente espressa anche la Corte EDU in riferimento all’art. 14 CEDU […].

12.2.– Da ultimo, il giudice a quo denuncia una disparità di trattamento correlata alle condizioni economiche delle donne, poiché l’attuale disciplina dei requisiti soggettivi di accesso favorirebbe le donne singole più abbienti, che possono far ricorso alle tecniche di PMA all’estero, mentre a quelle meno abbienti simile itinerario risulterebbe precluso.

Anche questa censura non è fondata.

La lamentata diversità di trattamento non è imputabile alla disciplina statale censurata, ma è semmai la naturale conseguenza della presenza di legislazioni straniere che dettano differenti regole.

Questa Corte ha già in passato evidenziato che, in assenza di altri vulnera costituzionali, «il solo fatto che un divieto possa essere eluso recandosi all’estero non può costituire una valida ragione per dubitare della sua conformità a Costituzione». Diversamente, «la disciplina interna dovrebbe essere sempre allineata, per evitare una lesione del principio di eguaglianza, alla più permissiva tra le legislazioni estere che regolano la stessa materia» (sentenza n. 221 del 2019).

13.– In conclusione, nell’attuale complessivo contesto normativo, non sono fondate, in riferimento agli artt. 2, 3, 32 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 CEDU, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge n. 40 del 2004, nella parte in cui non consente alla donna singola l’accesso alla procreazione medicalmente assistita.


[1] La sentenza esamina anche ulteriori profili, che esulano da questo report.

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