Sentenza n. 66/2025

20 Maggio 2025
Sull'accesso al suicidio medicalmente assistito.

Testo

Materia

Salute – S.M.A.

Tipologia di decisione

Sentenza di rigetto

Oggetto della q.l.c.

Parametri

Artt. 2, 3, 13, 32, co. 2, 117, co. 1 Cost. (quest’ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 CEDU)

Massima

  • Può accedere al suicidio assistito non soltanto il paziente già sottoposto a trattamento di sostegno vitale, ma anche quello al quale detto trattamento sia prescritto e che non intenda sottoporvisi, allorché sussistano tutti i restanti requisiti sostanziali e procedurali indicati dalla sent. 242/2019.

Moniti/Inviti al legislatore

  • La sentenza rinnova lo «stringente appello» al legislatore affinché dia corso a un adeguato sviluppo delle reti di cure palliative e di una effettiva presa in carico da parte del sistema sanitario e sociosanitario, al fine di evitare un ricorso improprio al suicidio assistito.

Profili d’interesse

  • La sentenza precisa ulteriormente la portata applicativa di una disciplina già introdotta in via pretoria.
  • La sentenza riconosce la possibilità, per il legislatore, di dettare una diversa disciplina della materia, purché questa rispetti le esigenze delineate dalla giurisprudenza della Corte.

Precedenti connessi

Estratto della motivazione

1. – [I]l giudice a quo ripropone a questa Corte i dubbi – già dichiarati non fondati dalla sentenza n. 135 del 2024, pubblicata successivamente al deposito dell’ordinanza di rimessione – relativi alla compatibilità costituzionale del requisito della dipendenza del paziente da un trattamento di sostegno vitale, indicato dalla sentenza n. 242 del 2019 come una delle condizioni in presenza delle quali la condotta di aiuto al suicidio non può essere ritenuta punibile.

Rispetto però a quella che ha dato luogo alla sentenza n. 135 del 2024, l’ordinanza ora esaminata muove dallo specifico presupposto interpretativo secondo cui il requisito in parola non sarebbe integrato nella situazione in cui il paziente rifiuti l’attivazione di un trattamento di sostegno vitale, pur in presenza di una indicazione medica in tal senso, allorché lo stesso paziente ritenga tale trattamento «futile o inutile in quanto espressivo di accanimento terapeutico» […].

5. – [Secondo quanto già precisato dalla sentenza n. 135 del 2024,] «[n]on c’è dubbio […] che i principi affermati nella sentenza n. 242 del 2019 valgano [… tanto per il paziente già sottoposto a trattamento di sostegno vitale, quanto per quello al quale detto trattamento sia prescritto e che non intenda sottoporvisi]. Sarebbe, del resto, paradossale che il paziente debba accettare di sottoporsi a trattamenti di sostegno vitale solo per interromperli quanto prima, essendo la sua volontà quella di accedere al suicidio assistito».

5.2. – Queste affermazioni meritano, oggi, integrale conferma. Conseguentemente, nella misura in cui sussista una indicazione medica di necessità dell’attivazione di un trattamento di sostegno vitale – nel senso precisato dalla sentenza n. 135 del 2024, al punto 8 del Considerato in diritto –, il paziente può rifiutarlo e accedere al suicidio assistito, ovviamente laddove sussistano tutti gli altri requisiti sostanziali e procedurali indicati dalla sentenza n. 242 del 2019.

Spetterà dunque al giudice a quo valutare se la situazione descritta sussistesse rispetto ai due pazienti il cui suicidio sarebbe stato agevolato dall’indagato.

6. – Ciò precisato, le censure del rimettente debbono essere ritenute infondate, sostanzialmente per le medesime ragioni poste a base della sentenza n. 135 del 2024, che questa Corte ritiene di dovere qui integralmente confermare […].

7. – Appare, peraltro, anche in questa occasione opportuno ribadire il carattere essenziale che rivestono i requisiti e le condizioni procedurali per la non punibilità dell’aiuto al suicidio cui ha fatto riferimento la giurisprudenza di questa Corte. Essi, nella perdurante assenza di una legislazione che disciplini la materia, sono funzionali a creare una “cintura di protezione” per scongiurare il pericolo che coloro che decidono di porre in atto il gesto estremo e irreversibile del suicidio assistito «subiscano interferenze di ogni genere» (ordinanza n. 207 del 2018, punto 6 del Considerato in diritto).

Anche nel contesto del pluralismo etico che caratterizza una democrazia liberale, solo «una concezione astratta dell’autonomia individuale» (ordinanza n. 207 del 2018) del soggetto, nel senso etimologico di abs-tractus (ovvero tratto fuori, in forza di una visione individualistica assoluta, dal contesto sociale), può rivelarsi insensibile a questa preoccupazione: se l’autodeterminazione, infatti, è costretta o comunque condizionata dalle circostanze, allora non è più tale […]

È proprio in tale prospettiva che la giurisprudenza di questa Corte ha sviluppato, su un duplice livello, le condizioni per accedere al suicidio assistito, dato che se questo, per un verso, «amplia gli spazi riconosciuti all’autonomia della persona nel decidere liberamente sul proprio destino», «crea – al tempo stesso – rischi che l’ordinamento ha il dovere di evitare, in adempimento del dovere di tutela della vita umana che, esso pure, discende dall’art. 2 Cost.» (sentenza n. 135 del 2024, punto 7.2. del Considerato in diritto).

7.1. – Il primo livello attiene alla necessità di prevenire il pericolo di abusi a danno delle persone deboli e vulnerabili, perché in situazioni di fragilità e sofferenza la scelta di porre fine alla propria vita potrebbe essere indotta o sollecitata da terze persone, per le ragioni più diverse […].

Sono quindi le esigenze di tutela delle persone deboli e vulnerabili che danno rilievo alle precise condizioni procedurali costantemente ribadite da questa Corte (sentenze n. 135 del 2024 e n. 242 del 2019, ordinanza n. 207 del 2018).

La «procedura medicalizzata», di cui all’art. 1 della legge n. 219 del 2017, è infatti funzionale a garantire che l’accesso al suicidio assistito avvenga nell’ambito di una seria assistenza medica; in sua assenza la patologia non può essere inquadrata in modo adeguato e la prospettiva della morte come unica via di uscita potrebbe essere frutto di un irrimediabile abbaglio […].

L’altra condizione è quella del necessario coinvolgimento del Servizio sanitario nazionale, a garanzia di un disinteressato accertamento della sussistenza dei requisiti di liceità dell’accesso alla procedura di suicidio assistito […].

7.2. – Il secondo livello è quello di contrastare derive sociali o culturali che inducano le persone malate a scelte suicide, quando invece ben potrebbero trovare ragioni per continuare a vivere, ove fossero adeguatamente sostenute dalle rispettive reti familiari e sociali, oltre che dalle istituzioni pubbliche nel loro complesso […]

Da questo […] deriva […] il dovere della Repubblica di rispondere all’appello che sgorga dalla fragilità, in modo che una persona malata possa avvertire la solidarietà attorno a sé non a tratti, non a prolungate intermittenze, ma in via continuativa, attraverso un percorso di effettiva presa in carico da parte del sistema sanitario e sociale […].

7.3. – Già nell’ordinanza n. 207 del 2018 questa Corte aveva, peraltro, stigmatizzato il rischio di una «prematura rinuncia, da parte delle strutture sanitarie, a offrire sempre al paziente medesimo concrete possibilità di accedere a cure palliative» (punto 10 del Considerato in diritto), del resto inserite nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza.

Va evidenziato che, a oggi, in Italia: a) non è garantito un accesso universale ed equo alle cure palliative nei vari contesti sanitari, sia domiciliari che ospedalieri; b) vi sono spesso lunghe liste di attesa (intollerabili in relazione a chi versa in situazioni di grave sofferenza); c) si sconta una mancanza di personale adeguatamente formato e una distribuzione territoriale dell’offerta troppo divaricata (in tal senso Comitato nazionale per la bioetica, parere “Cure Palliative”, approvato il 14 dicembre 2023); d) la stessa effettiva presa in carico da parte del servizio sociosanitario, per queste persone, è a volte insufficiente.

Questa Corte, pertanto, non può che rinnovare, con decisione, lo «stringente appello» al legislatore (sentenza n. 135 del 2024, punto 10 del Considerato in diritto) affinché dia corso a un adeguato sviluppo delle reti di cure palliative e di una effettiva presa in carico da parte del sistema sanitario e sociosanitario, al fine di evitare un ricorso improprio al suicidio assistito.

8. –  Va, infine, ribadito con forza l’auspicio, già formulato nell’ordinanza n. 207 del 2018, nella sentenza n. 242 del 2019 e da ultimo nella sentenza n. 135 del 2024, che il legislatore e il Servizio sanitario nazionale intervengano prontamente ad assicurare concreta e puntuale attuazione a quanto stabilito dalla sentenza n. 242 del 2019, ferma restando la possibilità per il legislatore di dettare una diversa disciplina nel rispetto delle esigenze richiamate ancora una volta dalla presente pronuncia.

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