Materia
Lavoro – Emergenza
Tipologia di decisione
Non fondatezza
Oggetto della q.l.c.
Art. 14, co. 2, decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 (Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia), conv. legge 13 ottobre 2020, n. 126; art. 46 decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), conv. legge 24 aprile 2020, n. 27; art. 12, co. 10, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), conv. legge 18 dicembre 2020, n. 176
Parametri
Art. 3 Cost.
Massima
- L’omissione dei dirigenti tra i beneficiari del divieto di licenziamenti individuali per ragioni economiche, rimasto in vigore durante l’emergenza pandemica, non viola l’art. 3 Cost., trattandosi di categorie di lavoratori che versano in condizioni significativamente diverse.
Profili d’interesse
- Pur nell’ambito di contesti emergenziali, la cui gestione può necessitare di interventi normativi rapidi e complesse valutazioni d’opportunità, la Corte non abdica al proprio compito.
- La Corte scandisce che il legislatore non è esente dal rispetto dei limiti imposti dall’ordinamento costituzionale, neppure in periodi di emergenza.
Precedenti connessi
Sullo status giuridico del dirigente
- C. cost., sentenza 8 novembre 2018, n. 194;
- C. cost., sentenza 6 luglio 2001, n. 228;
- C. cost., ordinanza 26 ottobre 1992, n. 404;
- C. cost., sentenza 22 maggio 1987, n. 180;
- C. cost., sentenza 7 maggio 1975, n. 101;
- C. cost., sentenza 6 luglio 1972, n. 121.
Sull’emergenza pandemica e sul principio di solidarietà
- C. cost., sentenza 22 giugno 2021, n. 128.
Sull’interpretazione costituzionalmente orientata
- C. cost., sentenza 16 giugno 2022, n. 150;
- C. cost., sentenza 23 giugno 2020, n. 118;
- C. cost., sentenza 12 marzo 2020, n. 50;
- C. cost., sentenza 29 maggio 2019, n. 133.
Estratto della motivazione
5.1. – […] Peraltro, alla misura eccezionale del “blocco” temporaneo dei licenziamenti, sia individuali per giustificato motivo oggettivo, sia collettivi, il legislatore ha sempre accompagnato la previsione di misure di sostegno economico in favore delle imprese, calibrandole variamente nel succedersi delle fonti emergenziali.
In tal senso, sono state introdotte previsioni speciali in materia di integrazione salariale, usufruibile con causale «emergenza COVID-19» per periodi limitati, ma via via reiterati nel corso dei mesi, cui sono state quasi sempre aggiunte altre e diverse tipologie di aiuto, sostanzialmente riconducibili a sgravi previdenziali e/o fiscali in favore delle imprese. È il caso di sottolineare che le previsioni di integrazione salariale, corredate dalla predetta causale, sono state modellate sulla disciplina generale della cassa integrazione guadagni (CIG) ordinaria, di cui al d.lgs. n. 148 del 2015.
Anche in questo particolare settore può dunque dirsi che il legislatore – come questa Corte non ha mancato di osservare con riferimento ad altre misure emergenziali messe in atto nel medesimo frangente storico – si è mosso secondo la «logica della solidarietà collettiva», impiegando «consistenti risorse economiche» con l’obiettivo di fronteggiare «l’arresto di fatto di numerose attività economiche [e la] conseguente difficoltà di ampi strati della popolazione» (sentenza n. 213 del 2021).
[…]
6.5. – Sin da tempo risalente, questa Corte ha affermato che il legislatore «può ben stabilire, nell’esercizio della sua valutazione politica, un regime preferenziale di garanzia di conservazione del lavoro in favore di determinate categorie tutte le volte in cui sussistano motivi che lo giustifichino», sempre che si tratti di ragioni che trovano «valido riscontro nella realtà sociale e nella Costituzione» (sentenza n. 27 del 1969).
Diverse considerazioni fanno ritenere, nei casi oggi al vaglio di questa Corte, che la misura del divieto dei licenziamenti, così come introdotta e più volte reiterata durante il periodo dell’emergenza sanitaria da COVID-19, sia sorretta da valide ragioni atte a giustificare sul piano costituzionale il trattamento differenziato riservato alla categoria dei dirigenti.
6.6. – Occorre anzitutto sottolineare che le norme emergenziali oggetto di censura ricalcano, quanto ai dirigenti, i medesimi confini applicativi delle regole ordinarie sui licenziamenti (collettivi e individuali per motivo oggettivo), come, del resto, rilevato dagli stessi rimettenti. Anche la disciplina ordinaria risulta infatti caratterizzata dalla medesima “asimmetria” che i rimettenti denunciano, in quanto le garanzie apprestate dalla legge nel caso dei licenziamenti individuali dovuti a motivi “economici”, di cui alla legge n. 604 del 1966, non sono applicabili ai dirigenti, mentre quelle che assistono i licenziamenti collettivi proteggono pacificamente, dopo la legge n. 161 del 2014, anche questa categoria di lavoratori.
La corrispondenza tra i due assetti – quello ordinario e quello emergenziale, accomunati da analoga “asimmetria” – conferisce, già di per sé, coerenza e ragione giustificativa alla scelta operata dal legislatore del periodo pandemico, vieppiù considerando che la sua discrezionalità, «nel disegnare misure di contrasto della pandemia, bilanciando la tutela di interessi e diritti in gioco, è più ampia che in condizioni ordinarie» (sentenza n. 213 del 2021).
Questa Corte ha rilevato che, nella situazione di emergenza sanitaria, «[i]l dovere di solidarietà sociale, nella sua dimensione orizzontale, può anche portare, in circostanze particolari, al temporaneo sacrificio di alcuni […] a beneficio di altri maggiormente esposti, selezionati inizialmente sulla base di un criterio a maglie larghe» (sentenza n. 128 del 2021). È proprio sulla base del «metro di questa maggiormente estesa discrezionalità» (sentenza n. 213 del 2021) che, al pari delle altre misure emergenziali già scrutinate da questa Corte, va valutata anche quella del “blocco” dei licenziamenti, che ha differenziato i dirigenti a seconda della tipologia (collettiva, ovvero individuale) del recesso per ragioni “economiche”.
6.7. – I tratti essenziali della misura così imposta appaiono, del resto, coerenti con le condizioni di legittimità che la giurisprudenza di questa Corte ha già enucleato per le norme di natura eccezionale limitative dei diritti dei singoli varate durante il periodo dell’emergenza sanitaria: condizioni che consistono nella eccezionalità, temporaneità e proporzionalità delle stesse (in particolare, sentenze n. 213 e n. 128 del 2021).