Materia
Elezioni
Tipologia di decisione
Sentenza di accoglimento sostitutiva
Oggetto della q.l.c.
Art. 219 legge reg. Puglia 31 dicembre 2024, n. 42
Parametri
Art. 3 Cost. – Art. 51 Cost. – Art. 122, co. 1, Cost., in relazione all’art. 2, comma 1, lettera b), legge 2 luglio 2004, n. 165 (Disposizioni di attuazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione)
Massima
- La disciplina pugliese dei casi di ineleggibilità a presidente della regione e a consigliere regionale, che riguardano anche i sindaci dei comuni, è irragionevole e sproporzionata, oltre che lesiva del diritto di elettorato passivo, in ragione della notevole anticipazione del termine stabilito dal legislatore regionale rispetto al giorno fissato per la presentazione delle candidature e del fatto che essa si applica indistintamente a tutti i sindaci, mentre altre leggi regionali limitano l’ineleggibilità ai sindaci di comuni con popolazione superiore a certe soglie. In particolare, l’ultimo giorno utile per la presentazione delle dimissioni dalle cariche comportanti ineleggibilità deve individuarsi nel «giorno fissato per la presentazione delle candidature», anziché nel centottantesimo precedente il «compimento del quinquennio, che decorre dalla data delle elezioni», e nel settimo successivo alla data di scioglimento anticipato del Consiglio regionale, come invece previsto dalle disposizioni censurate.
Moniti/Inviti al legislatore
- La Consulta tiene ferma la possibilità, per il legislatore regionale, di apprestare una soluzione differente, purché coerente con le direttrici da essa indicate.
Profili d’interesse
- La Corte ha adottato una pronuncia che, recuperando una normativa già presente nell’ordinamento, sostituisce entrambi i termini indicati nella disposizione impugnata con quello del giorno fissato per la presentazione delle candidature, espressamente previsto dalla legge n. 165/2004.
- La sentenza segnala la consonanza tra la legislazione statale di principio e alcuni specifici precedenti della Corte costituzionale.
Precedenti connessi
- C. cost., sentenza 29 settembre 2023, n. 184;
- C. cost., sentenza 8 maggio 2023, n. 88;
- C. cost., sentenza 28 dicembre 2021, n. 260;
- C. cost., sentenza 21 dicembre 2019, n. 20;
- C. cost., sentenza 27 giugno 2018, n. 137;
- C. cost., sentenza 26 giugno 2018, n. 134;
- C. cost., sentenza 10 marzo 2017, n. 56;
- C. cost., sentenza 23 aprile 2010, n. 143;
- C. cost., ordinanza 24 giugno 2003, n. 223;
- C. cost., ordinanza 23 luglio 2002, n. 383;
- C. cost., sentenza 5 luglio 1991, n. 309;
- C. cost., sentenza 26 marzo 1969, n. 46.
Estratto della motivazione
5. – Prima di esaminare il merito delle questioni, va sinteticamente ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento nel quale si colloca la disposizione impugnata con il ricorso statale.
La legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 (Disposizioni concernenti l’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e l’autonomia statutaria delle Regioni) ha modificato, all’art. 2, l’art. 122 Cost., prevedendo, tra l’altro, che «i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi» (primo comma).
A seguito della riforma, pertanto, «l’art. 122 Cost. affida la disciplina dei casi di ineleggibilità e incompatibilità dei consiglieri regionali alla competenza legislativa concorrente delle regioni ordinarie che la esercitano nel rispetto dei principi fondamentali della materia dettati dalla legislazione statale» (tra le tante, sentenza n. 134 del 2018).
In attuazione della novella costituzionale, lo Stato ha adottato la legge n. 165 del 2004, «con cui si è posta in essere la disciplina statale di cornice, relativa, tra l’altro, alle cause di ineleggibilità ed incompatibilità», lasciando «ampio spazio, salvo talune ipotesi più analitiche, ad una articolazione, da parte del legislatore regionale, delle concrete fattispecie rilevanti: esse, man mano che le Regioni ordinarie legifereranno, sono destinate a trovare applicazione in luogo di quanto previsto dalla legge n. 154 del 1981, che continua nel frattempo a spiegare efficacia, in virtù del principio di continuità dell’ordinamento giuridico (ordinanze n. 223 del 2003 e n. 383 del 2002)» (sentenza n. 143 del 2010, richiamata dalla sentenza n. 134 del 2018).
L’art. 2, comma 1, della legge n. 165 del 2004 ha dettato i principi fondamentali ai quali le regioni devono attenersi nel disciplinare con legge i casi di ineleggibilità, specificamente individuati, di cui all’art. 122, primo comma, Cost., disponendo, alla lettera b), la «inefficacia delle cause di ineleggibilità qualora gli interessati cessino dalle attività o dalle funzioni che determinano l’ineleggibilità, non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature o altro termine anteriore altrimenti stabilito, ferma restando la tutela del diritto al mantenimento del posto di lavoro, pubblico o privato, del candidato». È fatta salva, dunque, la facoltà discrezionale delle regioni di stabilire un termine anteriore.
Una scelta siffatta […] si è conformata all’orientamento di questa Corte, alla cui stregua «il legislatore, nella sua discrezionalità, può variamente determinare, purché secondo criteri razionali, la data entro la quale deve verificarsi la cessazione della causa di ineleggibilità […]; ma in nessun caso tale data può essere successiva a quella prescritta per l’accettazione della candidatura, che rappresenta il primo atto di esercizio del diritto elettorale passivo» (sentenza n. 46 del 1969, richiamata dalle sentenze n. 56 del 2017 e n. 309 del 1991).
[…]
6. – […] Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, «in presenza di una questione concernente il bilanciamento tra due diritti, il giudizio di ragionevolezza sulle scelte legislative si avvale del test di proporzionalità, che richiede di valutare se la norma oggetto di scrutinio, con la misura e le modalità di applicazione stabilite, sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti, in quanto, tra più misure appropriate, prescriva quella meno restrittiva dei diritti a confronto e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi (ex plurimis, sentenze n. 260 del 2021, n. 20 del 2019 e n. 137 del 2018)» (sentenza n. 88 del 2023, richiamata dalla sentenza n. 184 del 2023).
Nella specie si contrappongono, da un lato, l’interesse a che la rimozione della causa di ineleggibilità sia disciplinata in modo da assicurare, in tempi idonei allo scopo, l’effettiva cessazione dalla carica che può turbare o condizionare la competizione elettorale; d’altro lato, l’interesse delle comunità locali a che sia assicurata la continuità e stabilità amministrativa, considerando che, come si è visto, le dimissioni dei sindaci determinano lo scioglimento dei relativi consigli e la nomina di un commissario.
Ciò premesso, la misura non supera il test di proporzionalità.
La sproporzione deriva dalla notevole anticipazione, rispetto al giorno fissato per la presentazione delle candidature, del «termine anteriore altrimenti stabilito» dal legislatore regionale per rimuovere le cause di ineleggibilità, per utilizzare le stesse parole dell’art. 2, comma 1, lettera b), della legge n. 165 del 2004, in una con la generale previsione del suo ambito applicativo.
[…]
La sproporzione della disposizione impugnata deriva, anche e soprattutto, dalla sua applicabilità ai sindaci di tutti i comuni pugliesi, senza alcuna distinzione.
[…]
Il legislatore pugliese, stabilendo che sono ineleggibili i sindaci di tutti i comuni della Regione, ex art. 6, comma 1, della legge reg. Puglia n. 2 del 2005, ha operato una scelta discrezionale severamente limitativa del diritto di elettorato passivo degli interessati.
[…]
Il bilanciamento operato dal legislatore regionale, pertanto, è trasmodato in una disciplina irragionevole e sproporzionata, con violazione degli artt. 3 e 51 Cost.
[…]
Rimane fermo il potere discrezionale del legislatore regionale di stabilire altro termine anteriore, purché nel rispetto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità.