Materia
Lavoro
Tipologia di decisione
Sentenza di accoglimento
Oggetto della q.l.c.
Art. 9, co. 1, decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23 (Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183)
Parametri
Art. 3, co. 1 e 2, Cost. – Art. 4, co. 1, Cost. – Art. 35, co. 1, Cost. – Art. 41, co. 2, Cost. – Art. 117, co. 1, Cost., in relazione all’art. 24 della Carta sociale europea, adottata a Torino il 18 ottobre 1961, ratificata e resa esecutiva con legge 9 febbraio 1999, n. 30
Massima
- È incostituzionale il “tetto” di sei mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio imposto all’indennità risarcitoria, nel caso di licenziamenti illegittimi intimati da un datore di lavoro che non raggiunga i requisiti dimensionali di cui all’art. 18, co. 8 e 9, legge n. 300/1970.
Moniti/Inviti al legislatore
- La Corte esprime l’auspicio di un intervento legislativo sul tema dei licenziamenti di dipendenti di imprese sottosoglia, in considerazione del fatto che, nella legislazione europea e in quella nazionale, sia pur inerente ad altri settori (come – ad esempio – la crisi dell’impresa), il criterio del numero dei dipendenti non costituisce l’esclusivo indice rivelatore della forza economica dell’impresa e quindi della sostenibilità dei costi connessi ai licenziamenti illegittimi.
Profili d’interesse
- La sentenza fa seguito a precedenti moniti, rimasti inascoltati dal legislatore, e nel merito tende a consegnare ampia discrezionalità al giudice in sede di liquidazione del TFR.
Estratto della motivazione
2.1. – […] Pur nel riconoscimento dell’ampia discrezionalità spettante al legislatore, la predeterminazione dell’indennità risarcitoria deve tendere, con ragionevole approssimazione, ma sempre nel rispetto del dettato costituzionale, a rispecchiare la specificità del caso concreto e quindi la vasta gamma di variabili che vedono direttamente implicata la persona del lavoratore.
2.2.1. – Questa Corte […] si è già pronunciata su tali previsioni, ravvisandosi […] la necessità che la materia, «frutto di interventi normativi stratificati», fosse «rivista in termini complessivi», ben potendo il legislatore «tratteggiare criteri distintivi più duttili e complessi, che non si appiattiscano sul requisito del numero degli occupati e si raccordino alle differenze tra le varie realtà organizzative e ai contesti economici diversificati in cui esse operano». Tuttavia, si era, comunque, affermato che un ulteriore protrarsi dell’inerzia legislativa non sarebbe stato tollerabile e, ove la questione fosse stata nuovamente sollevata, questa Corte sarebbe stata indotta a «provvedere direttamente, nonostante le difficoltà qui descritte».
[…]
2.2.3. – Il tempo trascorso e, soprattutto, la formulazione dell’odierna questione […] impongono a questa Corte di pronunciarsi, dichiarando il già accertato vulnus ai principi costituzionali.
[…]
Quel che confligge con i principi costituzionali, dando luogo a una tutela monetaria incompatibile con la necessaria «personalizzazione del danno subito dal lavoratore» (sentenza n. 194 del 2018), è piuttosto l’imposizione di un tetto, stabilito in sei mensilità di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto e insuperabile anche in presenza di licenziamenti viziati dalle più gravi forme di illegittimità, che comprime eccessivamente l’ammontare dell’indennità.
Tale significativo contenimento delle conseguenze indennitarie a carico del datore di lavoro […] delinea un’indennità stretta in un divario così esiguo […] da connotarla al pari di una liquidazione legale forfetizzata e standardizzata[,] già ritenuta da questa Corte inidonea a rispecchiare la specificità del caso concreto e quindi a costituire un ristoro del pregiudizio sofferto dal lavoratore, adeguato a garantirne la dignità, nel rispetto del principio di eguaglianza. […]
Deve, pertanto, dichiararsi l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 23 del 2015, limitatamente alle parole «e non può in ogni caso superare il limite di sei mensilità».
Resta fermo l’auspicio che il legislatore intervenga sul profilo inciso dalla presente pronuncia, nel rispetto del principio, qui affermato, secondo cui il criterio del numero dei dipendenti non può costituire l’esclusivo indice rivelatore della forza economica del datore di lavoro e quindi della sostenibilità dei costi connessi ai licenziamenti illegittimi, dovendosi considerare anche altri fattori altrettanto significativi, quali possono essere il fatturato o il totale di bilancio, da tempo indicati come necessari elementi integrativi dalla legislazione europea e anche nazionale, richiamata in precedenza (punto 2.2.2.).