Materia
Lavoro
Tipologia di decisione
Sentenza di accoglimento additiva
Oggetto della q.l.c.
Art. 6, legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali)
Parametri
Art. 3 Cost. – Art. 4, co. 1, Cost. – Art. 24, co. 1, Cost. – Art. 32, co. 1, Cost. – Art. 35, co. 1, Cost. – Art. 11 e 117, co. 1, Cost., in relazione all’art. 27, § 1, lettera c), della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, approvata dall’Assemblea generale il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva con legge 3 marzo 2009, n. 18 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità) e alla direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000
Massima
- L’art. 6 legge n. 604/1996 è incostituzionale nella parte in cui non consente, al lavoratore che versasse in stato d’incapacità naturale al momento della ricezione della comunicazione del licenziamento o in pendenza del relativo termine impugnatorio, di impugnare validamente il licenziamento stesso entro il complessivo termine decadenziale di duecentoquaranta giorni dalla comunicazione, mediante ricorso o richiesta di conciliazione o arbitrato.
Profili d’interesse
- La Corte rimarca l’ampia discrezionalità di cui gode il legislatore nella configurazione degli istituti processuali, entro il limite della manifesta irragionevolezza (qui ritenuto violato).
Precedenti connessi
Sul margine discrezionale e sul criterio di ragionevolezza e proporzionalità
- C. cost., sentenza 30 maggio 2025, n. 76;
- C. cost., sentenza 10 aprile 2025, n. 39;
- C. cost., sentenza 27 marzo 2025, n. 36;
- C. cost., sentenza 28 novembre2024, n. 189;
- C. cost., sentenza 3 giugno 2024, n. 96;
- C. cost., sentenza 11 aprile 2023, n. 67;
- C. cost., sentenza 20 gennaio 2022, n. 13;
- C. cost., sentenza 2 dicembre 2021, n. 230;
- C. cost., sentenza 9 luglio 2021, n. 148;
- C. cost., sentenza 13 dicembre 2019, n. 271;
- C. cost., sentenza 4 maggio 2017, n. 94;
- C. cost., sentenza 30 maggio 2016, n. 121;
- C. cost., sentenza 3 marzo 2016, n. 44;
- C. cost., sentenza 31 maggio 2000, n. 161;
- C. cost., sentenza 17 luglio 1974, n. 234;
- C. cost., sentenza 27 giugno 1972, n. 114.
Estratto della motivazione
5.2. – D’altronde, il legislatore gode di ampia discrezionalità non solo nel qualificare l’inerzia estintiva delle situazioni giuridiche soggettive in termini di decadenza o di prescrizione e nel determinare il tempo necessario alla rispettiva maturazione, ma anche nel combinare termini di prescrizione e di decadenza.
5.2.1. – Per quanto concerne, in particolare, il diritto di azione, la scelta della natura, decadenziale o prescrizionale, e della stessa durata del termine cui condizionare l’esercizio di un diritto in giudizio è riconducibile alla discrezionalità riservata al legislatore nella conformazione degli istituti processuali ed è calibrata secondo le speciali caratteristiche di ogni singolo procedimento (sentenza n. 94 del 2017).
Per costante giurisprudenza di questa Corte, tale discrezionalità incontra il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle scelte compiute (tra le più recenti, sentenze n. 76, n. 39 e n. 36 del 2025, n. 189 e n. 96 del 2024, n. 67 del 2023), il quale è da intendersi valicato «ogniqualvolta emerga un’ingiustificabile compressione del diritto di agire» (sentenza n. 76 del 2025; in senso conforme, ex aliis, sentenze n. 271 del 2019, n. 121 e n. 44 del 2016), in quanto vengano imposti oneri o prescritte modalità tali da rendere impossibile o estremamente difficile l’esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento dell’attività processuale (ex aliis, sentenze n. 13 del 2022, n. 230 e n. 148 del 2021, n. 271 del 2019).
5.3. – La non manifesta irragionevolezza della scelta legislativa di sottoporre a decadenza l’esercizio del diritto di azione dipende anzitutto dalla congruità del termine, la quale va apprezzata non solo rispetto all’interesse di chi è onerato della sua osservanza, ma anche in rapporto alla funzione a esso assegnata nell’ordinamento giuridico (sentenze n. 161 del 2000, n. 234 del 1974, n. 114 del 1972).
[…]
Nelle situazioni indicate il lavoratore, specie se versi in condizione di marginalizzazione sociale e non possa contare sull’aiuto di familiari, non essendo in grado di comprendere la portata dell’atto datoriale e di determinarsi in merito alle iniziative da assumere, viene a trovarsi nella impossibilità – se lo stato di perturbazione psichica perdura per l’intero termine – o comunque nella oggettiva difficoltà – se l’alterazione si verifica in pendenza di esso, così incidendo sulla possibilità di fruirne per intero –, di scongiurare, attraverso una valida e tempestiva impugnazione stragiudiziale, la consumazione del diritto alla tutela giurisdizionale.
[…]
Nella fattispecie in scrutinio, la garanzia di tali diritti, che rinviene nella tutela giurisdizionale sancita dall’art. 24 Cost. un indispensabile strumento di realizzazione, risulta, infatti, irreparabilmente compromessa, non sussistendo un rimedio tardivo attraverso il quale l’interessato, una volta recuperata la pienezza delle facoltà intellettive e volitive, possa far valere l’illegittimità dell’atto espulsivo.
5.5.1. – Il vulnus ai suddetti precetti costituzionali emerge con particolare evidenza nell’ipotesi, oggetto del giudizio a quo, in cui l’interessata assume che la propria incapacità naturale sia stata all’origine della stessa condotta sanzionata con il licenziamento non tempestivamente impugnato e abbia, al contempo, impedito al lavoratore di esercitare il diritto di difesa in sede disciplinare, fornendo le sue giustificazioni nel termine di cui all’art. 7, quinto comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento). […]
5.8. – Alla luce delle considerazioni che precedono, l’art. 6, primo comma, della legge n. 604 del 1966, nella parte in cui non considera l’incompatibilità del rigido meccanismo decadenziale prescritto con una condizione soggettiva, come l’incapacità di intendere e di volere, che impedisce all’interessato di scongiurare le gravi conseguenze derivanti dal maturare della causa estintiva, si palesa manifestamente irragionevole, ponendosi in contrasto con l’art. 3 Cost. e ledendo, al contempo, il diritto al lavoro (art. 4, primo comma, Cost.) e alla sua tutela (art. 35, primo comma, Cost.) anche giurisdizionale (art. 24, prima comma, Cost.).