Materia
Immigrazione
Tipologia di decisione
Sentenza interpretativa di rigetto[1]
Oggetto della q.l.c.
Art. 1, co. 2-sexies decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130 (Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all’utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale), convertito, con modificazioni in legge 18 dicembre 2020, n. 173, come inserito dall’art. 1, co. 1, lett. b), decreto-legge 2 gennaio 2023, n. 1 (Disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori), convertito, con modificazioni, in legge 28 gennaio 2009, n. 2
Parametri
Art. 3, 10, 25, 27, co. 1 e 3, 117 Cost.
Massima
- Il fermo amministrativo di cui all’art. 1, co. 2-sexies, d.l. n. 130/2020, non sanziona una qualsiasi inosservanza, ma quella connotata in senso pregnante, nell’interpretazione che la lettera della legge e l’adeguamento ai principi costituzionali impongono, e che riguarda la violazione consapevole degli obblighi di cooperazione imposti dal sistema della Convenzione SAR e degli atti legalmente dati dall’autorità competente.
- Il principio di legalità, prevedibilità e di accessibilità della condotta sanzionabile e della sanzione avente carattere punitivo-afflittivo rappresenta patrimonio derivato non soltanto dai principi costituzionali, ma anche da quelli del diritto convenzionale e sovranazionale europeo, in base ai quali è illegittimo sanzionare comportamenti posti in essere da soggetti che non siano stati messi in condizione di “conoscere”, in tutte le sue dimensioni tipizzate, la illiceità della condotta omissiva o commissiva concretamente realizzata.
Profili d’interesse
- La Corte “salva” la disposizione indubbiata, prescrivendone un’interpretazione conforme al diritto internazionale (Convenzione di Amburgo sulla ricerca e il salvataggio marittimo).
- La Corte rammenta l’imperativo costituzionale in cui si estrinseca il principio di determinatezza, che impone al legislatore di formulare norme chiare e intelligibili, nonché di tipizzare fattispecie dotate di un solido fondamento empirico, le quali devono trovare riscontro nella realtà ed approdare ad un’univoca applicazione concreta.
Precedenti connessi
- C. cost., sentenza 29 marzo 2024, n. 54;
- C. cost., sentenza 20 dicembre 2019, n. 278;
- C. cost., sentenza 7 giugno 2019, n. 141;
- C. cost., sentenza 27 febbraio 2019, n. 25;
- C. cost., sentenza 31 maggio 2018, n. 115;
- C. cost., sentenza 11 giugno 2014, n. 172;
- C. cost., sentenza 1° agosto 2008, n. 327;
- C. cost., sentenza 22 aprile 1992, n. 185;
- C. cost., sentenza 16 maggio 1989, n. 247;
- C. cost., sentenza 8 giugno 1981, n. 96;
- C. cost., sentenza 8 luglio 1975, n. 188;
- C. cost., sentenza 27 maggio 1961, n. 27.
Estratto della motivazione
12.1. – La determinatezza, in funzione di garanzia della libertà o di tutela dell’uguaglianza, è un modo di essere delle norme, come risultano dagli enunciati legislativi, dall’interpretazione dei medesimi e dal loro precisarsi attraverso l’applicazione (sentenza n. 247 del 1989, punto 7 del Considerato in diritto).
Tale principio si estrinseca nell’imperativo costituzionale, rivolto al legislatore, di formulare norme chiare e intelligibili (sentenza n. 54 del 2024, punto 4 del Considerato in diritto) e di tipizzare fattispecie dotate di un solido fondamento empirico (sentenza n. 172 del 2014, punto 3 del Considerato in diritto), che trovino riscontro nella realtà e approdino a «un’univoca applicazione concreta» (sentenza n. 96 del 1981, punto 11 del Considerato in diritto).
12.2. – La verifica di conformità all’art. 25, secondo comma, Cost. non si esaurisce nella valutazione del singolo elemento descrittivo dell’illecito e postula un sindacato più ampio sulle finalità perseguite dal legislatore e sul contesto in cui la norma si colloca (sentenza n. 25 del 2019, punto 9 del Considerato in diritto), anche alla luce della correlazione «tra la condotta vietata e il bene protetto: da rapportarsi, a sua volta, ai principi costituzionali» (sentenza n. 188 del 1975, punto 2 del Considerato in diritto)
L’impiego di espressioni polisense, di clausole generali o di lemmi elastici o l’insorgere di contrasti interpretativi non denotano di per sé l’antitesi con il canone di determinatezza, quando ai consociati sia comunque possibile individuare con sufficiente precisione il comportamento doveroso (sentenze n. 278 e n. 141 del 2019).
Perché il principio di determinatezza possa dirsi rispettato, è necessario che la descrizione del fatto consenta, in primo luogo, di formulare un giudizio di corrispondenza della fattispecie concreta alla fattispecie astratta, secondo un percorso ermeneutico che non travalichi quello istituzionalmente affidato all’interprete, e permetta, inoltre, al destinatario della norma di percepirne in maniera chiara e immediata il contenuto precettivo, così da uniformare la propria condotta alle regole e ai divieti dettati dalla legge.
In tal modo, risulta soddisfatta la duplice ratio che ispira il principio (sentenza n. 115 del 2018, punto 11 del Considerato in diritto), «inteso non soltanto quale garanzia contro l’arbitrio del giudice, ma anche quale presidio della libertà e della sicurezza dei cittadini» (sentenza n. 185 del 1992, punto 2 del Considerato in diritto).
Per un verso, la puntuale individuazione, ad opera della legge, del fatto e della sanzione impedisce che sia il giudice a tracciare la linea di demarcazione tra lecito e illecito (sentenza n. 27 del 1961).
Per altro verso, la determinatezza delle fattispecie garantisce la libera autodeterminazione individuale, «permettendo al destinatario della norma penale di apprezzare a priori le conseguenze giuridico-penali della propria condotta» (sentenza n. 327 del 2008, punto 4 del Considerato in diritto).
[…]
18.– L’osservanza degli obblighi internazionali, anche quando non sia ex professo richiamata, non può non orientare l’interpretazione e l’applicazione della disciplina nazionale.
Né si rinvengono elementi di segno contrario che, nel caso di specie, contraddicano la generale cogenza degli obblighi indicati.
L’interpretazione sistematica della disciplina, di cui la previsione censurata costituisce parte integrante, conferma in modo inequivocabile non solo la possibilità, ma anche l’ineludibile necessità di intenderla in armonia con i princìpi costituzionali richiamati dal rimettente.
Nel precisare le condizioni in presenza delle quali il potere ministeriale di limitare o vietare la sosta e il transito di navi nel mare territoriale non si applica alle operazioni di soccorso, l’art. 1, comma 2-bis, del d.l. n. 130 del 2020, come convertito, chiarisce che le indicazioni delle autorità, cui dette operazioni si devono conformare, sono «emesse sulla base degli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali in materia di diritto del mare, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e delle norme nazionali, internazionali ed europee in materia di diritto di asilo».
Il rispetto dei princìpi richiamati analiticamente dall’art. 1, comma 2-bis, del d.l. n. 130 del 2020, come convertito, al fine di delimitare i compiti attribuiti alle autorità nazionali, ha peraltro una valenza generale, in quanto il legislatore ha inteso definire un contesto di regole univoche e uniformi, che non possono operare soltanto in determinati frangenti, per evidenti esigenze di coerenza e razionalità complessiva dell’ordinamento.
1 La sentenza prende in considerazione anche profili che non sono oggetto di questo report.