Materia
Telecomunicazioni – Regioni
Tipologia di decisione
Sentenza di rigetto[1]
Oggetto della q.l.c.
Art. 5, co. 3, lett. d) ed e), legge reg. Molise 10 agosto 2006, n. 20 (Norme per la tutela della popolazione dall’inquinamento elettromagnetico generato da impianti di telecomunicazione e radiotelevisivi)
Parametri
Art. 117, co. 3, Cost.
Massima
- In materia di ordinamento delle telecomunicazioni, le Regioni, nel quadro e nel rispetto dei principi fondamentali fissati dalla legge statale, possono prescrivere ulteriori modalità procedimentali rispetto a quelle previste dallo Stato, in vista di una più accentuata semplificazione delle stesse.
Profili d’interesse
- La Corte ricostruisce i rapporti tra le Regioni e lo Stato in materia di ordinamento delle comunicazioni.
- Nel ricostruire il quadro normativo e giurisprudenziale in cui si colloca la disposizione censurata, la pronuncia fa emergere l’incidenza delle politiche europee sulla disciplina nazionale.
Precedenti connessi
In materia di ordinamento delle comunicazioni
- C. cost., sentenza 25 novembre 2020, n. 246;
- C. cost., sentenza 26 marzo 2015, n. 47;
- C. cost., sentenza 22 luglio 2010, n. 272;
- C. cost., sentenza 28 dicembre 2006, n. 450;
- C. cost., sentenza 27 luglio 2005, n. 336.
Estratto della motivazione
2.2. – La disciplina statale del settore delle telecomunicazioni e, in particolare, del procedimento di autorizzazione, è contenuta nel citato codice delle comunicazioni elettroniche, adottato in attuazione della delega impartita dall’art. 41 della legge 1° agosto 2002, n. 166 (Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti), che, al comma 1, pone l’obiettivo del «riassetto delle disposizioni vigenti conseguenti al recepimento delle direttive 2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE e 2002/22/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002». La legge delega ha, dunque, prescritto di recepire le direttive europee in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica, volte a garantire agli imprenditori l’accesso al settore con criteri di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità, nonché a consentire agli utenti finali la fornitura del servizio universale, senza distorsioni della concorrenza.
All’art. 41, comma 2, lettera a), numeri 1), 3), 4) e 8), la legge n. 166 del 2002 ha prescritto al legislatore delegato di attenersi ai seguenti criteri: «garanzia di accesso al mercato con criteri di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità; […] previsione di procedure tempestive, non discriminatorie e trasparenti per la concessione del diritto di installazione di infrastrutture e ricorso alla condivisione delle strutture; […] riduzione dei termini per la conclusione dei procedimenti amministrativi, nonché regolazione uniforme dei medesimi procedimenti anche con riguardo a quelli relativi al rilascio di autorizzazioni per l’installazione delle infrastrutture di reti mobili […] garanzia della fornitura del servizio universale, senza distorsioni della concorrenza».
2.3. – Come affermato più volte da questa Corte, il cod. comunicazioni elettroniche ha perseguito «un vasto processo di liberalizzazione delle reti e dei servizi nei settori convergenti delle telecomunicazioni, dei media e delle tecnologie dell’informazione […] secondo le linee di un ampio disegno europeo tendente a investire l’intera area dei servizi pubblici» (sentenza n. 25 del 2009 e, in termini analoghi, n. 336 del 2005). I principî di derivazione comunitaria, contenuti nelle quattro direttive sopra richiamate, «sono stati espressamente recepiti dall’art. 4 del decreto [n. 259 del 2003], il quale prevede che la disciplina delle reti (e dei servizi) è volta a salvaguardare i diritti costituzionalmente garantiti di “libertà di comunicazione”, nonché di “libertà di iniziativa economica e suo esercizio in regime di concorrenza, garantendo un accesso al mercato delle reti e servizi di comunicazione elettronica secondo criteri di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità”» (ancora, sentenza n. 335 del 2006, che richiama l’art. 4, comma 1, lettere a e c, cod. comunicazioni elettroniche all’epoca vigente).
Il comma 3 dello stesso art. 4 disponeva, inoltre, nella versione applicabile ratione temporis, che la suddetta disciplina è volta anche a «promuovere la semplificazione dei procedimenti amministrativi e la partecipazione ad essi dei soggetti interessati, attraverso l’adozione di procedure tempestive, non discriminatorie e trasparenti nei confronti delle imprese che forniscono reti e servizi di comunicazione elettronica» (lettera a), nonché a «promuovere lo sviluppo in regime di concorrenza delle reti e servizi di comunicazione elettronica, ivi compresi quelli a larga banda e la loro diffusione sul territorio nazionale, dando impulso alla coesione sociale ed economica anche a livello locale» (lettera e; le disposizioni sono puntualmente citate nella richiamata sentenza n. 336 del 2005).
2.4. – In linea con le prescrizioni comunitarie, il codice delle comunicazioni elettroniche ha quindi dettato una disciplina volta a promuovere la semplificazione dei procedimenti per l’installazione delle infrastrutture di rete attraverso l’adozione di procedure uniformi e tempestive, anche al fine di garantire l’attuazione delle regole della concorrenza (sentenze n. 265 del 2006 e n. 336 del 2005, più volte citata).
[…]
2.8. – Questa Corte ha ripetutamente affermato che il divieto di cui all’art. 93 cod. comunicazioni elettroniche costituisce espressione di un principio fondamentale della materia, in quanto «“finalità della norma è anche quella di ‘tutela della concorrenza’, di garanzia di parità di trattamento e di misure volte a non ostacolare l’ingresso di nuovi soggetti nel settore”» (sentenza n. 47 del 2015; in senso analogo, sentenze n. 272 del 2010, n. 450 del 2006, e n. 336 del 2005).
[…]
Più in generale, è stato riconosciuto che le esigenze di celerità e la conseguente riduzione dei termini per l’autorizzazione all’installazione delle infrastrutture di comunicazione elettronica costituiscono, per finalità di tutela di istanze unitarie, principi fondamentali della materia «ordinamento della comunicazione» (sentenze n. 265 del 2006 e n. 336 del 2005).
Si tratta di una scelta ordinamentale che si pone in armonia con l’esigenza di un’installazione capillare delle infrastrutture, ritenuta strumentale rispetto all’obiettivo di matrice europea della copertura universale del territorio.
[…]
6.2. – […] Si deve escludere […] che la riserva di legge prevista dall’art. 93 cod. comunicazioni elettroniche consenta anche un intervento del legislatore regionale.
Questa Corte ha già escluso tale possibilità, sul rilievo che, se così non fosse, sarebbe contraddetta la stessa ratio legis, individuata nella finalità di «evitare che ogni Regione possa liberamente prevedere obblighi “pecuniari” a carico dei soggetti operanti sul proprio territorio» (sentenza n. 246 del 2020; nello stesso senso, sentenza n. 272 del 2010).
[…]
8. – […] Pertanto […] in mancanza di tale principio, come già ricordato, ogni regione «potrebbe liberamente prevedere obblighi “pecuniari” a carico dei soggetti operanti sul proprio territorio, con il rischio, appunto, di una ingiustificata discriminazione rispetto ad operatori di altre Regioni, per i quali, in ipotesi, tali obblighi potrebbero non essere imposti» (sentenze n. 246 del 2020 e n. 272 del 2010). Per queste ragioni, come è stato chiarito, «finalità della norma è anche quella di “tutela della concorrenza”, di garanzia di parità di trattamento e di misure volte a non ostacolare l’ingresso di nuovi soggetti nel settore» (sentenza n. 47 del 2015).
[1] La sentenza esamina profili ulteriori, che non sono oggetto di questo report.