Materia
Previdenza e assistenza – Pene
Tipologia di decisione
Sentenza di rigetto
Oggetto della q.l.c.
Art. 2, co. 1-bis, decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 (Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, come modificato dall’art. 23, co. 1, decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 2023, n. 85
Parametri
Art. 3 Cost.
Massima
- In materia di omesso versamento da parte del datore di lavoro delle ritenute previdenziali ed assistenziali sulle retribuzione dei lavoratori dipendenti, la misura della sanzione minima è giustificata, in quanto commisurata al rango del bene protetto dalla norma.
Profili d’interesse
- I Giudici di costituzionalità rammentano che, nell’ambito di materie riservate alla discrezionalità del legislatore, le soluzioni costituzionalmente adeguate possono essere tratte da discipline già esistenti, le quali si inseriscano nel tessuto normativo coerentemente con la logica perseguita dal legislatore.
- La Corte ribadisce che il legislatore gode di ampia discrezionalità, nei limiti della proporzionalità, nella determinazione delle pene applicabili a chi abbia commesso reati, con argomentazioni estensibili anche alle sanzioni amministrative.
- La Consulta effettua un giudizio positivo circa la ragionevolezza delle scelte compiute del legislatore, apparendo la misura della sanzione minima commisurata al rango del bene protetto dalla norma.
Precedenti connessi
- C. cost., sentenza 19 luglio 2024, n. 138;
- C. cost., sentenza 20 maggio 2024, n. 90;
- C. cost., sentenza 22 marzo 2024, n. 46;
- C. cost., sentenza 14 dicembre 2023, n. 221;
- C. cost., sentenza 14 aprile 2022, n. 95;
- C. cost., sentenza 1° febbraio 2022, n. 28;
- C. cost., sentenza 1° aprile 2021, n. 59;
- C. cost., sentenza 7 dicembre 2018, n. 233;
- C. cost., sentenza 5 dicembre 2018, n. 222.
Sulla discrezionalità legislativa nella determinazione delle pene
- C. cost., sentenza 25 marzo 2024, n. 48;
- C. cost., sentenza 23 novembre 2023, n. 207;
- C. cost., sentenza 7 giugno 2021, n. 117.
Sul rapporto di congruità tra la sanzione e la gravità dell’illecito sanzionato
- C. cost., sentenza 23 settembre 2021, n. 185;
- C. cost., sentenza 10 maggio 2019, n. 112;
- C. cost., sentenza 9 febbraio 2018, n. 22.
Sull’omesso versamento delle ritenute da parte del datore di lavoro
- C. cost., sentenza 21 maggio 2014, n. 139;
- C. cost., ordinanza 11 giugno 2003, n. 206.
Estratto della motivazione
5.1. – […] questa Corte ha più volte affermato che le soluzioni costituzionalmente adeguate a ricondurre a legittimità una disciplina in materie riservate alla discrezionalità del legislatore, quale è certamente il trattamento sanzionatorio di illeciti depenalizzati, possono essere «tratte da discipline già esistenti, che si inseriscano nel tessuto normativo coerentemente con la logica perseguita dal legislatore», sì da consentire l’adozione di un «rimedio nell’immediato al vulnus riscontrato, senza creare insostenibili vuoti di tutela degli interessi tutelati dalla norma incriminatrice» (sentenza n. 138 del 2024; nello stesso senso, in precedenza, sentenze n. 46 del 2024, n. 95 e n. 28 del 2022, n. 233 e n. 222 del 2018).
Tale requisito appare soddisfatto dall’indicazione del rimettente, che ha ad oggetto una misura reperita nel sistema delle sanzioni amministrative delineato dalla legge n. 689 del 1981, al quale, come si è detto, fa esplicito riferimento la disciplina in esame.
Peraltro, il rinvenimento di soluzioni adeguate spetta a questa Corte, che non è in alcun modo vincolata alla formulazione del petitum, sicché, ove il rimettente non offra soluzioni, non resta compromessa l’ammissibilità della questione (sentenze n. 90 del 2024, n. 221 del 2023 e n. 59 del 2021).
[…]
6.1. – Circa l’irragionevolezza della previsione sanzionatoria per intrinseca sproporzione rispetto alle condotte illecite, questa Corte ha costantemente affermato che il legislatore gode di ampia discrezionalità, nei limiti della proporzionalità, nella determinazione delle pene applicabili a chi abbia commesso reati (ex multis, sentenze n. 48 del 2024, n. 207 del 2023 e n. 117 del 2021), con argomentazioni estensibili anche alle sanzioni amministrative.
Queste ultime «condividono, infatti, con le pene il carattere reattivo rispetto a un illecito, per la cui commissione l’ordinamento dispone che l’autore subisca una sofferenza in termini di restrizione di un diritto (diverso dalla libertà personale, la cui compressione in chiave sanzionatoria è riservata alla pena); restrizione che trova, dunque, la sua “causa giuridica” proprio nell’illecito che ne costituisce il presupposto. Allo stesso modo che per le pene – pur a fronte dell’ampia discrezionalità che al legislatore compete nell’individuazione degli illeciti e nella scelta del relativo trattamento punitivo – anche per le sanzioni amministrative si prospetta, dunque, l’esigenza che non venga manifestamente meno un rapporto di congruità tra la sanzione e la gravità dell’illecito sanzionato; evenienza nella quale la compressione del diritto diverrebbe irragionevole e non giustificata» (sentenze n. 95 del 2022 e n. 185 del 2021; in senso conforme, sentenze n. 112 del 2019 e n. 22 del 2018).
Tale congruità, chiarisce la prima delle menzionate decisioni, dev’essere verificata in relazione al grado di disvalore dell’illecito sanzionato, mediante un raffronto fra il bene protetto dalla norma che lo prevede e il bene inciso dalla misura sanzionatoria.
6.2. – Nel caso di specie, la misura della sanzione, quantunque significativa, non è tale da connotare la scelta del legislatore come irragionevole o arbitraria.
Si è osservato, infatti, che la condotta sanzionata è munita di particolare disvalore, poiché l’omesso versamento delle ritenute da parte del datore di lavoro si traduce nella distrazione di somme delle quali egli ha la disponibilità, benché le stesse facciano già ontologicamente parte della retribuzione del lavoratore e siano destinate all’erogazione di prestazioni essenziali e attinenti a beni irrinunciabili.
In relazione a tale illecito, del resto, questa Corte – seppure al fine di valutare la congruità delle conseguenze sotto profili diversi da quelli qui in esame – ha affermato che esso «determina un rischio di pregiudizio del lavoro e dei lavoratori, la cui tutela è assicurata da un complesso di disposizioni costituzionali contenute nei principi fondamentali e nella parte I della Costituzione (artt. 1, 4, 35, 38 della Costituzione)» (sentenza n. 139 del 2014; ordinanza n. 206 del 2003).
Pertanto, la misura della sanzione minima appare giustificata, in quanto commisurata al rango del bene protetto dalla norma.
6.3. – Gli ulteriori rilievi del rimettente non incidono su tali considerazioni.
Il fatto che l’omesso versamento per un ammontare modesto sia punito con la sanzione minima è coessenziale a tutte le sanzioni per le quali l’ordinamento prevede una cornice edittale, proprio al fine di adeguare la sanzione alle particolarità della fattispecie concreta (sentenze n. 185 del 2021, n. 112 e n. 88 del 2019).
Non si pone, invece, un problema di sproporzione della sanzione in relazione all’ipotesi, evocata dal giudice a quo, in cui l’omesso versamento sia dipeso «da circostanze esterne sulle quali non sempre può incidere il comportamento dell’autore»; ove sussistenti, infatti, tali circostanze non rilevano ai fini della graduazione della sanzione ma, piuttosto, valgono a escludere la responsabilità, ben potendo l’illecito essere escluso dalla mancanza dell’elemento soggettivo, secondo quanto previsto dall’art. 3 della legge n. 689 del 1981.
6.4. – Infine, la denunziata irragionevolezza non sussiste neppure al cospetto della comparazione, sul piano effettuale, della responsabilità in questione con quella conseguente a violazioni che superano la soglia di rilevanza penale.