Sentenza n. 88/2025

26 Giugno 2025
Sul termine per l’esercizio del potere di annullamento degli atti autorizzatori

Testo

Materia

Procedimento amministrativo

Tipologia di decisione

Sentenza di rigetto[1]

Oggetto della q.l.c.

Art. 168-nonies, co. 1, legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi)

Parametri

Art. 3, co. 1, Cost. –  Art. 9, co. 1 e 2, Cost. – Art. 97, co. 2, Cost.1

Massima

  • La previsione del termine di 12 mesi per l’esercizio del potere di annullamento degli atti autorizzatori, senza eccezioni per nessuna categoria di interessi, non è manifestamente irragionevole né lesiva del principio di buon andamento della pubblica amministrazione.

Profili d’interesse

  • La Corte, pur non mancando di rilevare che il legislatore goda di ampia discrezionalità nella regolazione dei termini dell’azione amministrativa, rammenta che le sue scelte, al pari che in altre discipline connotate da elevata discrezionalità, non si sottraggono per questo al giudizio di costituzionalità, in quanto devono pur sempre essere compiute secondo canoni di non manifesta irragionevolezza e di proporzionalità rispetto alle finalità perseguite.
  • L’esame del merito delle questioni sollevate è preceduto da una breve ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale in relazione al “tempo” dell’annullamento in autotutela, nell’ambito della quale si dà conto del fatto che sia attualmente all’esame del Parlamento un ulteriore abbassamento del termine ad quem a sei mesi (art. 1 disegno di legge n. 1184 – XIX Legislatura, recante «Disposizioni per la semplificazione e la digitalizzazione dei procedimenti in materia di attività economiche e di servizi a favore dei cittadini e delle imprese»).
  • La pronuncia stimola alcune riflessioni di principio sul potere pubblico che, nel suo ancoraggio costituzionale, è conferito alla pubblica amministrazione non per ragioni di preminenza, ma per servizio ai cittadini, soggiacendo ad apposite regole conformative che danno rilievo agli interessi dei privati e segnano un nuovo paradigma nel rapporto tra individui e poteri pubblici.

Precedenti connessi

Estratto della motivazione

2.2.2. – […] Non v’è dubbio che il legislatore goda di ampia discrezionalità nella disciplina dei termini dell’azione amministrativa. Ma le sue scelte, al pari che in altre discipline connotate da elevata discrezionalità, non si sottraggono per questo al giudizio di costituzionalità, in quanto devono pur sempre essere compiute secondo canoni di non manifesta irragionevolezza e di proporzionalità rispetto alle finalità perseguite (tra le altre, sentenze n. 25 del 2025, n. 88 del 2023, n. 194 del 2019, n. 202 del 2013 e n. 245 del 2011).

[…]

3.2. – […] Condivisibilmente, dunque, la novità legislativa è stata ritenuta significativa di un «“nuovo paradigma” nei rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione […] nel quadro di una regolamentazione attenta ai valori della trasparenza e della certezza» […].

3.4. – Infine, deve darsi ancora conto che attualmente è all’esame del Parlamento un ulteriore abbassamento del termine ad quem a sei mesi (art. 1 del disegno di legge A.S. n. 1184 − XIX Legislatura, recante «Disposizioni per la semplificazione e la digitalizzazione dei procedimenti in materia di attività economiche e di servizi a favore dei cittadini e delle imprese»).

[…]

3.6. – Nel concludere l’esposizione del quadro normativo, va sottolineato che esso è coerente con l’evoluzione delle relazioni tra privato e pubblica amministrazione.

Il potere amministrativo, originariamente concepito come espressione di assoluta “supremazia” (salvi i limiti segnati dalla legge) e caratterizzato dalla sua “inesauribilità”, nel suo ancoraggio costituzionale è, piuttosto, una situazione soggettiva conferita al servizio degli interessi della collettività nazionale (art. 98 Cost.).

Dal descritto passaggio dalla logica della preminenza a quella del servizio deriva che la norma che attribuisce il potere per la realizzazione di uno specifico interesse pubblico fa di questo non solo il fine, ma la causa stessa del potere: proprio in quanto il potere è strumentale, va esercitato nella misura in cui serve al soddisfacimento dell’interesse pubblico ed è proporzionatamente occorrente a tal fine, quindi con il minimo sacrificio dell’interesse del privato, ma anche degli altri interessi pubblici. La sede delle relazioni tra gli interessi è il procedimento amministrativo: in questa sede, l’interesse pubblico primario, che giustifica il potere, si confronta con gli altri interessi pubblici coinvolti e con gli interessi dei privati, i quali non solo possono avere consistenza oppositiva rispetto al potere che ne invade la sfera soggettiva, ma spesse volte hanno consistenza di pretesa al suo esercizio, volto ad ampliare la sfera soggettiva, pretesa che in molti casi ha fondamento nelle previsioni costituzionali. Il corretto confronto di questi interessi, secondo la conformazione datane dalla legge, è garanzia di legittimità della decisione amministrativa, così formatasi, con la quale si esaurisce quel potere. Il riesame del provvedimento, pur mosso da ragioni di legittimità, non costituisce espressione di quel potere già esercitato, bensì di un altro potere riconosciuto in via generale all’amministrazione, quello dell’annullamento d’ufficio, che, proprio perché diverso da quello esercitato e su cui va a incidere, è assoggettata a regole specifiche, quanto a presupposti, a disciplina procedimentale e a portata della discrezionalità di cui la funzione di autotutela è espressione. In particolare – come si è già osservato (punto 3.2.) – in sede di riesame emerge l’esigenza di una regola di certezza e di correttezza nei rapporti tra il potere pubblico e i privati, che rende immodificabile l’assetto degli interessi che si è consolidato nel tempo.


1 La sentenza prende in considerazione anche profili ulteriori, che non sono oggetto di questo report.

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