Materia
Caccia – Elezioni
Tipologia di decisione
Sentenza di rigetto
Oggetto della q.l.c.
Art. 3, co. 3 della legge regionale (Abruzzo) 9 marzo 2023, n. 11 (Disposizioni sull’organizzazione delle attività dell’Assemblea del CRAM per l’anno 2023 e ulteriori disposizioni)
Parametri
Artt. 2, 3, 117 Cost. (quest’ultimo in relazione all’art. 14, co. 10 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio)
Massima
- Non è incostituzionale la previsione regionale che, ai fini della determinazione dei componenti degli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia, impieghi il metodo elettorale D’Hondt. Tale scelta costituisce espressione della discrezionalità del legislatore regionale, chiamato a rispettare solamente il canone di rappresentatività prescritto dalla legge statale, di per sé non incompatibile con il sistema elettorale de quo. Detto sistema non inficia inoltre l’eguale trattamento delle associazioni venatorie (alle quali non è peraltro riconosciuto alcun diritto di tribuna, comunque non garantito dall’impiego di sistemi alternativi), né integra una diseguaglianza delle associazioni venatorie rispetto a quelle professionali agricole e di protezione ambientale, essendo queste ultime rispondenti a obiettivi di rappresentatività nazionale e comunque disciplinate da fonti diverse.
Profili d’interesse
- In relazione all’ambito in esame, la Corte osserva che il legislatore regionale gode di ampia discrezionalità nell’individuazione della formula elettorale che reputa più idonea.
- La Corte opera una disamina del metodo d’Hondt nel quadro dell’attuale ordinamento multilivello.
- La Corte rileva inoltre come il metodo d’Hondt non sia di per sé incompatibile con il principio di rappresentatività.
Precedenti connessi
Estratto della motivazione
2.1. – [L]’art. 14, comma 10, della legge n. 157 del 1992 impone alle regioni il rispetto del principio della «rappresentanza democratica delle categorie, espressione dei diversi interessi sottesi all’attività venatoria» (sentenza n. 174 del 2017).
La regione è tenuta, perciò, a adottare criteri rispettosi del carattere rappresentativo dell’organo direttivo nella misura determinata dalla disposizione statale, che a tal fine seleziona gli interessi antagonisti ai quali è necessario dare voce […].
2.2. – Una volta soddisfatto il menzionato requisito, il legislatore regionale ha ampia discrezionalità nell’individuare la formula elettorale che reputa più idonea.
In linea di principio, infatti, la decisione concernente la formula, vale a dire il meccanismo di ripartizione dei seggi in voti, si colloca in «un ambito nel quale si esprime con un massimo di evidenza la politicità della scelta legislativa». In tale prospettiva, il solo limite che incontra la discrezionalità del legislatore regionale è appunto costituito dalle prescrizioni statali poste a presidio dell’ambiente. Con riguardo, invece, alla configurazione del meccanismo che traduce in seggi il “peso” di ciascuna associazione venatoria, compete alla regione individuare, tra i molti possibili, il punto di equilibrio opportuno tra le molteplici finalità perseguite da un sistema elettorale, mentre spetta a questa Corte la verifica della sua costituzionalità, a fronte della latissima sfera di discrezionalità legislativa operante in tale ambito materiale.
2.3. – La disposizione censurata ha optato per il metodo D’Hondt come criterio di ripartizione fra le varie associazioni venatorie della percentuale dei seggi spettanti alle medesime, con il quale il numero dei voti di ogni lista (qui, il numero degli iscritti a ciascuna associazione venatoria) è diviso per un numero crescente di unità (da uno in avanti) fino al totale dei seggi da assegnare nel collegio. Tali seggi sono ripartiti in base ai risultati ottenuti, in ordine decrescente; dunque, sono assegnati alle liste con le cifre più elevate che risultano dalle operazioni di divisione.
Vi è consenso sul fatto che questa formula possa, in talune circostanze, determinare un vantaggio per liste che hanno ottenuto il maggior numero di voti […].
Va rilevato, tuttavia, che il metodo D’Hondt opera sempre in sistemi elettorali di carattere proporzionale. Pertanto, nella Regione Abruzzo la designazione dei componenti dei comitati di gestione continua ad avvenire in forza di un meccanismo di tipo proporzionale, in linea di principio il più rispettoso delle esigenze della rappresentanza.
Ugualmente, è ben noto che persino i sistemi elettorali meno distorsivi e più marcatamente proporzionali, come, almeno in genere, quelli che utilizzano il metodo del quoziente, falliscono nell’obiettivo di conseguire quel «perfetto rapporto» tra peso delle liste e seggi che il giudice a quo contesta alla norma censurata di avere compromesso […].
Il legislatore abruzzese, in definitiva, con esercizio di una discrezionalità non manifestamente irragionevole, ha preferito, in seno al riparto proporzionale, una formula che reca vantaggio alle associazioni venatorie con più iscritti, anziché metodi alternativi che, in ipotesi, avrebbero potuto invece penalizzare queste ultime, e favorire quelle con meno associati, a propria volta distorcendo, in senso diametralmente opposto, la rappresentatività.
Una simile opzione è del resto non distonica rispetto alla finalità di costituire organi preposti all’esercizio di funzioni gestorie, perché per essi si avverte con particolare evidenza la necessità di permettere il raggiungimento di stabili maggioranze decisionali […].
3.1. – [La disposizione non viola nemmeno gli artt. 2 e 3 Cost. sotto il profilo del diritto di rappresentanza di ciascun iscritto, atteso che la censura del rimettente postula] un diritto di tribuna che né la Costituzione né la normativa statale interposta impongono e che peraltro non troverebbe soddisfazione nemmeno con la formula elettorale applicata nelle precedenti tornate elettorali. Del resto, questa Corte ha già avuto modo di chiarire che la disciplina statale non esige «la presenza di un rappresentante per ciascuna associazione operante in forma organizzata sul territorio» (ordinanza n. 299 del 2001). Si può escludere, dunque, che le associazioni di cacciatori, e i loro iscritti, subiscano, per effetto della norma censurata, un trattamento illegittimamente discriminatorio […].
4.1. – [La disposizione non viola infine l’art. 3 sotto il profilo dell’asserita disparità di trattamento tra associazioni venatorie ed associazioni professionali agricole e di protezione ambientale.] L’art. 14, comma 10, della legge n. 157 del 1992 introduce criteri differenziati relativamente alle varie categorie che compongono gli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia. Mentre alle strutture locali delle organizzazioni agricole si richiede di essere «rappresentative a livello nazionale» e per le associazioni di protezione ambientale si esige la presenza nel Consiglio nazionale per l’ambiente, per le sole associazioni nazionali di cacciatori è previsto, invece, che siano riconosciute e presenti in forma organizzata sul territorio.
Il legislatore abruzzese si è perciò limitato, quanto ai criteri di designazione nei comitati di gestione, a intervenire su una sola delle categorie di associazioni coinvolte, in quanto a tale fine separata dalle altre e diversamente disciplinata già nella normativa statale, senza eccedere anche per tale verso dalla propria ampia discrezionalità.
È poi evidente che, contrariamente a quanto ritiene il giudice rimettente, il carattere «unitario» di un organo non implica necessariamente che i componenti di esso debbano essere individuati in applicazione di un unico criterio selettivo.