Materia
Ordini professionali – Responsabilità disciplinare
Tipologia di decisione
Sentenza di accoglimento
Oggetto della q.l.c.
Art. 57 della legge n. 247/2012 (Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense)
Parametri
Artt. 2, 3, 4, 35 e 41 Cost.
Massima
- È incostituzionale il divieto di cancellazione dall’Albo forense in pendenza di procedimento disciplinare, in quanto tale misura, pur fondata dalla necessità di evitare la sottrazione dell’interessato al procedimento, preclude irragionevolmente al medesimo la possibilità di fruire di determinate misure previdenziali e assistenziali, nonché di esercitare una diversa attività lavorativa incompatibile, oltre ad imporgli la permanenza in un’associazione al netto del suo consenso.
Moniti/Inviti al legislatore
- La Corte invita il legislatore a porre rimedio al vuoto normativo inevitabilmente creato dalla pronuncia attraverso la strutturazione di un congegno meno restrittivo della libertà dell’avvocato ma, comunque, idoneo a garantire la conservazione dell’azione disciplinare (almeno per il caso in cui il professionista incolpato, dopo avere ottenuto la cancellazione in pendenza di un procedimento disciplinare, chieda di essere nuovamente iscritto all’albo).
- La Corte suggerisce, a tal fine, la possibilità di prevedere, in via legislativa, una causa di sospensione del termine di prescrizione dell’azione disciplinare oppure la soppressione di detto termine o, ancora, la replicazione delle alternative discipline attualmente previste dall’ordinamento del pubblico impiego o da quello notarile.
Profili d’interesse
- Pur astenendosi dall’optare per alcuna, la Corte segnala diverse opzioni regolatorie, invitando implicitamente il legislatore a colmare il vuoto normativo ingeneratosi per effetto della decisione.
- La Corte dichiara l’illegittimità consequenziale dell’art. all’art. 17, co. 16, legge n. 247/2012, in quanto riproduttivo della disciplina annullata.
- La Corte segnala che all’estinzione del procedimento non si correla il venir meno della pretesa sanzionatoria nascente dal fatto contestato, con la conseguenza che, nel caso in cui il professionista, successivamente alla cancellazione, chieda di essere reiscritto, la stessa azione disciplinare, ove non ancora prescritta, dovrà essere esercitata.
- La Corte invita gli Ordini professionali a vigilare con il massimo rigore affinché non siano consentite pratiche abusive che determinino l’aggiramento del principio di conservazione dell’azione disciplinare.
Estratto della motivazione
3.2. – Il divieto [di cancellazione dall’Albo forense dell’Avvocato incorso in procedimento disciplinare] mira a scongiurare il rischio che il professionista, rinunciando all’iscrizione, possa vanificare l’iniziativa assunta dagli organi disciplinari dell’Ordine forense.
Un meccanismo siffatto comporta, però, che, per l’intero corso del procedimento disciplinare, l’avvocato che intenda rinunciare all’iscrizione all’albo non possa ottenere la cancellazione ed esercitare i diritti e le libertà di rango costituzionale – come la libertà di revocare l’adesione alla compagine professionale, il diritto di fruire di determinate prestazioni previdenziali o assistenziali e la libertà di intraprendere una diversa attività lavorativa – che si esplicano attraverso la fuoriuscita dall’Ordine o che, comunque, la presuppongono.
3.3. – La disposizione censurata, restringendo, sia pure temporaneamente, la libertà dell’iscritto di autodeterminarsi in ordine alla sua permanenza nell’organizzazione professionale, contrasta, anzitutto, con l’art. 2 Cost.
3.4 – [N]ella fattispecie in esame, il divieto si traduce in un vulnus alla libertà di autodeterminazione, in quanto l’appartenenza al gruppo professionale viene imposta nonostante sia venuto meno il consenso comunque prestato dall’avvocato all’adesione alla istituzione ordinistica per avere egli perso l’interesse a esercitare la professione ovvero per non avere più la possibilità di farlo.
Alla stregua dell’art. 57 della legge n. 247 del 2012, tale vincolo non può, infatti, essere reciso neppure quando l’avvocato versi nelle condizioni per accedere alle prestazioni previdenziali o assistenziali, per la cui fruizione la legge richiede l’avvenuta cancellazione dall’albo.
3.4.1. – Giova, al riguardo, ricordare che l’art. 3, secondo comma, della legge n. 576 del 1980 dispone che la corresponsione della pensione di anzianità è subordinata alla cancellazione dall’albo […].
Analoga disciplina è dettata, per la pensione di inabilità […].
3.5. – Il divieto in scrutinio contrasta anche con l’art. 4 Cost., in quanto incide in maniera sproporzionata sulla libertà di lavoro dell’avvocato che richieda di cancellarsi dall’albo avendo intenzione di cessare l’esercizio della professione, ed eventualmente intraprendere una diversa attività lavorativa al cui svolgimento sia di ostacolo l’appartenenza all’istituzione ordinistica […].
3.7. – [… D]eve […] rilevarsi che, tra le diverse misure idonee a realizzare il pur legittimo fine del compiuto svolgimento dell’accertamento disciplinare, il divieto di cui all’art. 57 della legge n. 247 del 2012 non costituisce quella che restringe nel modo minore la libertà del professionista[, non superando in tal modo il vaglio di ragionevolezza …].
3.8. – […] Le soluzioni normative alternative a quella in scrutinio vanno individuate attraverso un adeguato bilanciamento dei contrapposti interessi al completamento dell’accertamento disciplinare, da un lato, e alla tutela della libertà di autodeterminazione e di lavoro del professionista, dall’altro: interessi parimenti meritevoli di adeguata valorizzazione e non comprimibili in misura eccessiva […].
3.8.1. – [T]ra le misure idonee a garantire, con minor sacrificio per l’iscritto, la conservazione della potestà sanzionatoria dell’Ordine forense […] potrebbe ipotizzarsi […] la previsione di una causa di sospensione del termine di prescrizione dell’azione disciplinare per l’ipotesi in cui l’avvocato sottoposto ad accertamento disciplinare rinunci all’iscrizione all’albo […].
3.8.2. – Un analogo meccanismo […] si rinviene nei lavori preparatori relativi alla legge n. 247 del 2012 e, in particolare, nella proposta […] in base alla quale, in caso di cancellazione dall’albo – d’ufficio o su richiesta dell’iscritto – il procedimento disciplinare pendente «rimane sospeso e deve essere ripreso qualora l’avvocato o il praticante avvocato sia nuovamente iscritto [… »].
3.8.3. – Ancora, una soluzione normativa idonea […] potrebbe essere quella, rinvenibile nell’ordinamento del pubblico impiego, della espressa previsione della sopravvivenza del procedimento disciplinare nonostante le dimissioni o il collocamento in quiescenza del dipendente incolpato, sia pure al ricorrere di specifiche condizioni e limitatamente agli effetti compatibili con la cessazione del rapporto di servizio […].
3.8.4. – Va poi rammentato che, nell’ambito della disciplina notarile, lo svolgimento del procedimento disciplinare a carico del notaio non è impedito dalla dispensa dal servizio per rinuncia disciplinata dall’art. 31 della legge 16 febbraio 1913, n. 89 [… in quanto essa non incide] sullo status di notaio, che, una volta conseguito, permane, seppure in uno stato di quiescenza. Da ciò consegue che la dispensa per rinuncia […] «non comporta la cessazione della materia del contendere e, quindi, l’inammissibilità dell’impugnazione per sopravvenuto difetto d’interesse, in considerazione dell’incidenza di detta sanzione su posizioni inerenti al quiescente status del notaio dispensato per rinuncia» […].
3.9. – Ma non spetta a questa Corte indicare la soluzione più idonea a bilanciare gli interessi in conflitto, rientrando nella discrezionalità del legislatore la scelta dello strumento a tal fine più adeguato.
Non si può tuttavia trascurare di sottolineare che l’ablazione del precetto all’origine dell’accertato vulnus costituzionale determina un vuoto normativo al quale il legislatore potrà porre rimedio attraverso un congegno meno restrittivo della libertà dell’avvocato ma, comunque, idoneo a garantire la conservazione dell’azione disciplinare almeno per il caso in cui il professionista incolpato, dopo avere ottenuto la cancellazione in pendenza di un procedimento disciplinare, chieda di essere nuovamente iscritto all’albo ai sensi dell’art. 17, comma 15, della legge n. 247 del 2012.
In attesa dell’intervento del legislatore, alla stregua della disciplina che residua alla rimozione dell’art. 57 della stessa legge n. 247 del 2012, la cancellazione dall’albo non può che comportare l’estinzione del procedimento disciplinare intrapreso.
All’estinzione del procedimento non si correla, però, il venir meno della pretesa sanzionatoria nascente dal fatto contestato, con la conseguenza che, nel caso in cui il professionista, successivamente alla cancellazione, chieda di essere reiscritto, la stessa azione disciplinare, ove non ancora prescritta, può – e anzi deve – essere nuovamente esercitata dai competenti organi in relazione agli stessi fatti che avevano determinato l’attivazione dell’originario procedimento disciplinare.
È dunque necessario che, nelle more dell’intervento legislativo, gli organi professionali competenti vigilino con il massimo rigore affinché non siano consentite pratiche abusive che determinino l’aggiramento del segnalato principio di conservazione dell’azione disciplinare.
4. – In conclusione, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 57 della legge n. 247 del 2012 per contrasto con gli artt. 2, 3 e 4 Cost., restando assorbiti gli ulteriori profili di censura.
5. – La dichiarazione di illegittimità costituzionale deve, infine, essere estesa, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), all’art. 17, comma 16, della legge n. 247 del 2012, il cui contenuto normativo riproduce quello dell’art. 57 della stessa legge.